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Il coding e la robotica educativa

L’era dei media digitali è la terza età delle tecnologie didattiche nella scuola italiana e succede all’età dei multimedia e alla prima stagione dell’informatica.

Nel loro avvicendarsi si può leggere una transizione di paradigmi didattici, di idee della tecnologia, di funzioni assegnate allo studente e all’insegnante che è interessante ricostruire per accostarsi con maggior consapevolezza alla progettazione e agli interventi didattici.

Insegnare al tempo dei nativi digitali significa imparare in molti modi diversi contemporaneamente. Le nuove tecnologie stanno costruendo un ponte tra docenti e studenti per colmare il cosiddetto “digital divide” tra generazioni.

Usare strumenti innovativi non significa diventare innovatori, ma significa confrontarsi e scambiarsi idee all’interno di una comunità educante come la scuola, dove poter sviluppare le capacità creative dei singoli e condividerle.

Colloquiare con il digitale e provare a programmare significa seguire percorsi non collaudati, significa non perdere nuove opportunità e innovare i sistemi educativi.

L’attenzione per il coding e la robotica è in continua crescita da parte delle istituzioni. Ne abbiamo avuto sentore nella proposta delle tracce di italiano nei recenti esami di maturità e lo stesso Ministero dell’Istruzione lo ha inserito nel PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale).

Per avviare un ragionamento sul coding e sulla robotica occorre prima di tutto intendersi sul significato di alcuni termini per ridurre il rischio di fraintendimento e per rendere più chiari gli efficaci effetti nel processo insegnamento-apprendimento.

Il coding e la robotica educativa sono concetti sempre più diffusi nell’ambito educativo. I principi attuativi sono del tutto simili e in alcuni casi sono un tutt’uno.

Il coding è l’applicazione intuitiva di principi, metodi e strumenti di programmazione al fine di sviluppare il pensiero computazionale.

Bambini e ragazzi si cimentano in attività nuove come la programmazione e imparano i linguaggi di programmazione divertendosi. E’ il learning by doing che i ragazzi mettono in pratica, è imparare facendo cose che piacciono e motivano all’apprendimento.

Il coding si è rivelato particolarmente efficace nell’applicare il pensiero computazionale per l’immediatezza, l’attrattività, la varietà, la disponibilità e la versatilità degli strumenti disponibili, rendendo accessibile e intuitiva la programmazione, permettendo ai neofiti di ogni età di concentrarsi sulla concettualizzazione del procedimento.

L’Italia è all’avanguardia nella sperimentazione del coding a scuola e il primato è riconosciuto a livello internazionale.

Il coding merita di essere introdotto a scuola come approccio metodologico trasversale, poichè è trasversale la competenza che consente di sviluppare.

I meccanismi attraverso i quali si apprende il coding ricordano quelli con cui si acquisisce la propria lingua madre.

Il coding è un metodo intuitivo e il pensiero computazionale si acquisisce per esperienza, imitazione, necessità, interazione. La programmazione è una disciplina teorico-pratica che richiede uno studio formale, come una lingua straniera di un paese in cui non si abbia la fortuna di trascorrere un lungo periodo della propria infanzia.

L’adozione del coding come strumento interdisciplinare favorirebbe questo processo di acquisizione informale che è reso possibile dalla natura stessa delle tecniche e degli strumenti di coding.

Continuando a sviluppare la metafora linguistica, l’approccio è simile al CLIL (Content and Language Integrated Learning) attraverso il quale si insegna una lingua veicolare grazie all’uso che ne viene fatto nella didattica di altre discipline.

La robotica educativa è lo sviluppo e l’uso di robot a fini didattici, cioè la costruzione e la programmazione di robot per fini educativi. I robot sono macchine programmabili a cui si possono dare istruzioni che determinano il loro comportamento.

Con la robotica l’educazione e la formazione vengono indirizzate verso lo sviluppo di competenze trasversali necessarie a garantire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, dove l’alunno è posto al centro del processo educativo come costruttore attivo della sua conoscenza.

Grazie agli studi di Isaac Asimov negli anni settanta e alle applicazioni educative di Seymour Papert, studioso del MIT di Boston e padre del costruttivismo, nacque l’idea rivoluzionaria di far gestire i computer ai bambini creando oggetti in movimento che i bambini potessero manipolare facilmente attraverso il gioco (gamification) e con i quali sperimentare il linguaggio LOGO (linguaggio di programmazione).

Una grande percentuale dei nativi digitali non conosce le potenzialità dei media. Usare il computer significa per molti di loro, ripetere automaticamente una serie di passaggi per collegarsi con i social network, effettuare chat, scaricare musica e giochi senza percepire la potenzialità degli strumenti che hanno nelle loro mani.

Forse la scuola non aiuta in questo approccio trasversale all’apprendimento.

Imparare a programmare deve diventare una risorsa per gli alunni di oggi per farli diventare non solo utilizzatori attivi dei dispositivi ma soprattutto sviluppatori di nuove idee, di nuovi software, in un percorso che conduce all’apprendimento per scoperta.

La robotica educativa può diventare, grazie al grande coinvolgimento degli alunni, il modo più semplice per creare un ambiente di apprendimento innovativo, creativo e divertente.

Costruire e programmare un piccolo robot implica, per gli alunni, fare ipotesi e trovare soluzioni, collaudare, valutare e documentare nell’ambito di un ambiente di apprendimento autocorrettivo, reale e non virtuale, nel quale i ragazzi padroneggiano e controllano, favorendo il dialogo e la comunicazione, agevolando l’integrazione e sviluppando il pensiero critico.

L’errore non è più un tabù ma uno stimolo per ricercare nuove soluzioni e acquisire nuove competenze. Infatti provando e riprovando gli studenti si rendono conto degli errori e possono correggerli autonomamente autovalutandosi.

Il comportamento di un robot è soggetto a tutte le imprecisioni e indeterminatezze tipiche del mondo reale. La valenza ludica è una grande risorsa motivazionale da valorizzare nella scuola e attraverso questo percorso è possibile aprire la via ad attività di laboratorio sperimentali in cui gli aspetti di invenzione e di riproducibilità siano in un giusto equilibrio.

Le situazioni continue di problem finding, problem posing e problem solving, diventano fondamento dell’apprendimento efficace e dello sviluppo di menti creative, capaci di ragionamenti logici in una modalità di approccio ai problemi non solo in ambito scolastico ma come “life skills” future.

Il natural appeal che i robot esercitano sui ragazzi, rende il processo di apprendimento più divertente ed appagante, permettendo di costruire un percorso stimolante, perfetto per motivare anche gli studenti meno inseriti nel contesto scolastico.

Il robot diviene uno strumento fisico, uno strumento a metà tra il virtuale e il reale, che permette di bandire la noia dalle nostre aule e l’abbandono delle nostre cattedre. Questa dimensione dinamica coinvolgerà tutti i ragazzi in una continua sinergia tra studio e gioco che risveglierà le attitudini nascoste e coinvolgerà, docenti e alunni, in un cerchio attivo di scambi comunicativo.

L’importanza della cultura e dell’educazione non risiede nella mera accumulazione quantitativa dei saperi, ma nel determinare un’attitudine generale a porre e trattare i problemi, nel saperli collegare e organizzare attraverso una logica reticolare e un pensiero multilineare.

I robot diventano veri oggetti di riflessione che, attraverso la simulazione e la costruzione di modelli, favoriscono un apprendimento attivo e costruttivo, problematico e contestuale, secondo una modalità didattica che coniuga responsabilizzazione, innovazione, educazione e inclusione.

 

Roberta Tardi, docente di lingue straniere, specializzata ed esperta nei processi di inclusione, esperto valutatore dei processi didattici, formatore di educazione linguistica e di linguaggi verbali e non verbali.

 

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